Speaker stadio Dall’Ara: “Squadra ospite: numero…”

Speaker stadio Dall’Ara: “Squadra ospite: numero…”

5 Marzo 2019

Ormai è una moda condivisa, un rito acclarato. Quando lo speaker di uno stadio annuncia la formazione ospite compone una voce da 2 novembre, abbassa il tono e declama veloce numeri e nomi come se leggesse una lista di defunti. E’ un modo per prenderne le distanze. Coma a dire: “E’ il mio lavoro, mi tocca, ma farei volentieri a meno di citare questa gente”. Un po’ come l’attaccante che segna alla sua ex e non esulta. “Mi pagano per far gol, ma non volevo”. Quando invece passa ad annunciare la formazione di casa, ecco che srotola le tonsille e si mette a urlare invitando il popolo a fargli eco. Qui sì che ci mette il cuore e diventa il primo tifoso di tutto lo stadio.

In alcuni casi la squadra avversaria non viene eppure citata. Ero allo stadio Dall’Ara domenica scorsa. Lo speaker: “Squadra ospite: numero 22 Perin, numero…” Quella squadra ha un nome, si chiama Juve, perché cancellarlo?

Nel 2005 accadde anche di peggio. Con una trovata che ai responsabili dev’essere apparsa geniale, lo speaker dell’Olimpico cancellò i nomi del giocatore Emerson e dell’allenatore Capello, che tornavano a Roma da juventini. Il vuoto dei loro nomi, creato ad arte, fu rempito di fischi e insulti di ogni tipo. Quella prodezza rappresentò una svolta nell’evoluzione del genere.

In tempi di morte e di ragione al buio si annientavano le persone togliendo loro l’identità e sostituendola con numeri marchiati sulla pelle. Perché mai lo sport, che è l’attività più vitale e affratellante inventata dall’uomo, dovrebbe fare la parodia di quell’annientamento?

La Lega Calcio dovrebbe imporlo per decreto: “Ogni società è tenuta a controllare che lo speaker del proprio stadio pronunci per intero, ben udibile, il nome della squadra ospite”. Multa salata a chi non rispetta la regola.

Sembra una banalità. Ma se non si rispettano le prime norme di convivenza civile, come la tutela di un’identità, prima o poi andranno a rotoli anche le altre.

Chi frequentava San Siro negli anni 70 conserverà nella memoria il ricordo degli “Estintori Meteor”. Era la pubblicità più popolare dell’epoca, annunciata dallo speaker dello stadio, Giovanni Marsotto, classe 1934, che per oltre 30 anni è stato la voce di San Siro. Riceveva il foglio della formazione dell’Inter direttamente dalla mani di Helenio Herrera. Con Nereo Rocco, allenatore del Milan, e Nicolò Carosio, radiocronista, si fermava a giocare a carte in spogliatoio. Angelo Moratti gli telefonava a ogni Natale per fargli gli auguri. La gente lo chiamava “signor Meteor” e gli voleva bene come a uno di famiglia.

Giovanni Marsotto era juventino, ma leggeva le formazioni di Inter e Milan in modo squillante e usava lo stesso tono per le avversarie delle milanesi. Una gentilezza d’altri tempi.

Oggi governano gli urlatori-tifosi. Ci sta. Ma non hanno diritto a tenersi in gola i nomi di squadre e giocatori. Qualcuno li obblighi a sputarli fuori.

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