Johan Cruijff: “Il calcio l’ho imparato in strada”

Johan Cruijff: “Il calcio l’ho imparato in strada”

30 Luglio 2019

La questione va da Bergamo a Venezia che è poi la strada di Arlecchino, personaggio nato in territorio orobico e innalzato alla dignità teatrale da Carlo Goldoni, veneziano.
A Venezia, prima la multa a un gruppo di bambini che giocava a palla in Campiello Pisani, poi il decreto della giunta comunale: divieto del pallone o altro gioco che possa creare disturbo per chi ha più di 11 anni, pena multe da 25 a 500 euro; e solo 67 aree individuate in città aperte al gioco. Grosse navi da crociera sì, piccoli calciatori no.
Invece a Vilminore di Scalve (Bergamo) il sindaco ha accolto la richiesta di alcune famiglie e ha chiuso al traffico per alcune ore una via del paese, nei mesi di luglio e agosto, mettendola a disposizione dei giochi di bambini. Auto no, pallone sì.
Cosa deve fare allora Arlecchino, servitore di due padroni? Giocare a calcio a Bergamo o rischiare legnate in una calle veneziana?
Noi che siamo cresciuti disegnando porte sui muri con il gesso, sbucciandoci le ginocchia sul cemento e recuperando palloni da sotto le auto parcheggiate, stiamo tutta la vita con il sindaco di Vilminore e auspichiamo che quello di Venezia per lo meno alzi il limite degli 11 anni e allarghi il numero delle 67 piazze. E continuiamo a sperare in una Norimberga dei portinai, chiamati a rispondere di tutti i palloni sequestrati nei cortili e poi bucati.
Il nostro calcio è nato in strada, nelle banchine dei porti in cui sbarcavano i marinai inglesi che, palleggiando il nuovo giocattolo di cuoio, seminavano il futuro. Lo ha spiegato bene Joahn Cruijff quanto la strada sappia educare il talento, perché l’urgenza di restare in piedi, per non spellarti sull’asfalto, ti insegna un equilibrio e un controllo unico, allenato dai rimbalzi irregolari. Infatti il Profeta è stato il miglior conduttore di palla della storia.
I veneziani dovrebbero saperlo meglio degli altri, perché, nel vocabolario popolare, “veneziano” significa appunto un innamorato del pallone, che lo tiene per sé e non lo passa mai. “Faso tuto mi”, faccio tutto io. Da dove viene questo vizio, che poi è anche una virtù, cioè il talento del dribbling? Il percorso più breve tra due punti di Venezia è sempre un labirinto di viuzze, calli, curve a gomito… Un bambino allenato a serpeggiare in quel modo, quando si ritrova in campo, si contorce in dribbling come se dovesse attraversare la città e non molla mai la palla anche a costo di finire in acqua, come accade ai giovani calciatori nel film di Dino Risi (“Venezia, la luna e tu”) con Sordi e Manfredi.
Soffriamo una triste carestia di 10 e di talenti del dribbling. Un delitto chiudere le strade e le piazze che, come gli oratori, restano le migliori palestre di tecnica. Venezia impari da Vilminore di Scalve.
La Serenissima è finita in C (poi ripescata), Bergamo è in Champions: quasi una sentenza preventiva della dea Eupalla alla luce delle ordinanze comunali.

#LuigiGarlando

Via | Sportweek

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